La prima citazione di Cantalice risale al 1081. L‘origine del paese si fa dunque risalire all’epoca tarda romana quando, in seguito a numerose invasioni da parte dei saraceni, le frazioni vicine a Cantalice (Rocca di Sopra, Rocca di Sotto e Rocchetta) si unirono per costituire un centro inattaccabile.
Il centro appare isolato ed inespugnabile grazie alla scabrosità del colle dove sorge il paese ed alle case serrate tra loro fino al punto più alto dominato dal Torre del Cassero.
L’insediamento era articolato nella rocca, di cui oggi resta la torre con cisterna interna, più volte risistemata come dimostra la forma in parte cilindrica,in parte rettangolare, che dominava dal ripido sperone l’accesso alla montagne e il villaggio che si era formato a poco a poco, ai piedi della struttura fortificata.
Il nome Cantalice deriva dalla contrazione di due termini,uno greco e l’altro latino, cata ed ilex (presso il leccio); si narra infatti che un leccio sia nato da una roccia bianca dietro la sagrestia della Madonna delle Grazie.
Nel corso della storia il paese fu al centro di numerose controversie territoriali con Rieti e con i castelli vicini. Verso la metà del XIII secolo, il papa concede Cantalice e il territorio limitrofo al re di Napoli Carlo d’Angiò per aver da lui avuto l’aiuto a contrastare i Ghibellini italiani sostenitori degli Svevi e delle prepotenze dell’impero germanico.
Un iniziale tentativo di Rieti di attrarre in città gli abitanti di Cantalice fu attuato nel 1304 per mezzo di un invito all’inurbamento dietro concessioni di privilegi ed esenzioni fiscali. Allettata dall’idea di possedere Cantalice, Rieti promette infatti concessioni di speciali protezioni contro ogni nemico permettendo l’annessione dei cantaliciani nell’esercito, dando loro anche il diritto di partecipare al parlamento, chiedendo però l’impegno da parte degli abitanti della Rocca di trasferirsi nel territorio reatino pagando determinate tasse e un tributo di 100 fiorini d’oro.
I primi disaccordi vennero fuori pochi decenni dopo per poi aumentare di asprezza tra il XV e il XVI secolo quando si inserirono nel contesto di un’instabilità generalizzata per una serie di conflitti con i comuni limitrofi di Poggio Bustone e Rivodutri, spalleggiati da Rieti.
Proprio per difendersi dalle angherie dei vari feudatari, Cantalice concorse al progetto di Carlo II di creare una nuova città che in onore del suo primogenito, Roberto Duca di Calabria si sarebbe chiamata Cittaducale.
Nel 1308, con la fondazione di Cittaducale, Cantalice entrò a far parte dei suoi confini e, nel 1348, si assiste alla firma del capitoli di pace tra Rieti e Cittaducale. Fu cosa di breve durata: nel 1376 si riaccesero le lotte.
In questo clima di endemica guerriglia, le fortificazioni furono più volte rinforzate; nel 1437 persino i Reatini costruirono un nuovo fronte di difesa sulla cima del Montegambero, così come nel 1377 avevano fondato allo stesso scopo di difesa Castelfranco.
È in quest’epoca che accade la tipica lotta tra Cantaliciani e Reatini per la “ troja rapita ” sul quale fatto lo spoletino Loreto Vittori ebbe a scrivere un poema in ottave dal titolo la “la troja rapita” che prende a modello la “Secchia Rapita” di Tassoni.
I giochi della politica internazionale del tempo portarono Cantalice sotto il papato. Con il trattato di Terracina del luglio 1443, il papa concedeva al re di Napoli, a titolo di vicariato, il governo di Terracina e Benevento e, in cambio il papa otteneva Cittaducale, Cantalice, Accumoli e Leonessa.
Questa situazione durò solo 4 anni perché Niccolò V dovette ricederli al Regno di Napoli il 20 marzo 1447 per le spese della guerra delle Marche.
Nel 1485 Cantalice rafforzò l’alleanza con Cittaducale contro gli aquilani che avevano fatto alleanza col papato. La contrapposizione al papato nasceva dalla consapevolezza che sottomettersi alla Stato della Chiesa significava sottomettersi a Rieti. Alla fine del 1485 si ebbero le prime avvisaglie di quanto nel marzo ’86 divenne una vera e propria guerra. La pace si sarebbe raggiunta solo l’11 ottobre quando la città di L’Aquila innalzò la bandiera aragonese.
Il 25 giugno 1502 papa Alessandro VI, per richiesta di Cantalice, formava la diocesi autonoma di Cittaducale.
Il Viceré stesso Ferdinando Alvarez de Toledo, Duca d’Alba, inviò in aiuto ai Cantaliciani in seguito all’ennesimo conflitto con i reatini, un robusto esercito di 7000 uomini, comandati da Ascanio della Cornia. Quando giunse, l’assedio era già stato tolto. Il viceré avuta notizia del felice esito della guerra e della ritirata dei reatini, per onorare l’ordine e la fedeltà dei cantaliciani li esentò per 25 anni dai pagamenti fiscali perché restasse memoria di quanto accaduto, ordinò che intorno all’ama fosse scritto il motto “ fortis Cantalica fides ” e fosse inserita un’aquila nello stemma che da allora si presenta così ordinato: scudo coronato con torre di oro in campo azzurro, ai lati leone rampane e l’elce ramoso, sopra l’aquila, sotto il motto suddetto.
Nel 1539, Cantalice fu infeudato dall’imperatore Carlo V alla figlia naturale Margherita d’Austria, sposa di Alessandro de’ Medici ed in seconde nozze di Ottavio Farnese. Il dominio farnesiniano su Cantalice durò fino al ‘700. L’attenzione di Margherita d’Austria fu subito richiamata dalle controversie tra i paesi in suo possesso, ragion per cui provvide non solo a ripararli dalle scorrerie dei briganti ma anche a rimuovere ogni causa di animosità e di dissidi tra città e Rieti: affidò ad appositi commissari la determinazione dei confini e consacrò una serie di condizioni. Morti Margherita ed Ottavio prendeva il possesso di Cantalice Alessandro Farnese che si impegnò efficacemente a far rispettare la pace firmata: la forza della legge rendeva ormai inutili i tentativi dei Reatini di ricorrere alle armi.
Con il XVII secolo iniziava per Cantalice un periodo di decadenza che culminava nel 1655 con le lotte intestine tra famiglie Cantaliciane (Lancia, Tafani, Marritto, Carbuglia). Lo scompiglio generale aumentava per le continue incursioni delle bande brigantesche che si andavano diffondendo nel territorio perché si pagasse loro e non al regio tesoriere il fisco. Una di queste bande fu guidata da Giuliano Micheli.
Nel 1761, si estinse la linea maschile della famiglia Farnese; con la morte del duca Antonio i beni passarono ad Elisabetta Farnese, moglie di Filippo V di Spagna e, subito dopo, con l’ascesa al trono delle due Sicilie di suo figlio Carlo III, fu ridisegnato l’assetto giurisdizionale del regno.
Già nel 1716, Cantalice aveva avuto l’autorizzazione a scindersi dal governo di Cittaducale e a nominare un proprio governatore. Questo processo di sviluppo economico e sociale ebbe il suo coronamento con la concessione del titolo di città. Passata la parentesi del periodo Farnese, un periodo di benessere si ebbe dopo il ritorno nel regno di Napoli. Dopo i fatti di marzo 1821 e la sconfitta di Pepe, ricomparvero i briganti.
Il colera negli anni ’40 comportò dannose conseguenze e i nuovi confini tra Stato Pontificio e Regno delle due Sicilie spezzava l’unità territoriale di Cantalice. Cantaliciani figurarono sia nelle truppe garibaldine quanto nell’esercito regolare.